giovanni giudici, tratta dalla vita in versiUna sera come tante, e nuovamente
noi qui, chissà per quanto ancora, al nostro
settimo piano dopo i soliti urli
i bambini si sono addormentati,
e dorme anche il cucciolo i cui escrementi
un’altra volta nello studio abbiamo trovati.
Lo batti col giornale, i suoi guaiti commenti.
(…)
Una sera come tante (quante ne resta a morire
Di sere come questa?) e non tentato da nulla,
dico dal sonno, dalla voglia di bere,
o dall’angoscia futile che mi prendeva alle spalle,
né dalle mie impiegatizie frustrazioni
Dice: ti cullo il bambino perché
anch’io sono un bambino – ma è assurdo.
Non può avere la voce uno che non è qui
né braccia né potrei volendo cullarlo a mia volta.
Pure il bambino vero tace se resto in ascolto
della sua finta voce nella mia finta pace.
Pure gli posso far dire ogni parola che voglio:
mio amore quanto errore e dolore ci divide
quanto futuro senza futuro si spalanca.
Vuole mettere ordine vuole che mi riposi.